IL GIUDICE DI PACE

    Ha emesso la seguente ordinanza.

                            Premesso che

    Con ricorso depositato in data 19 luglio 2006 il cittadino rumeno
Sandu  Sorin  Vasilica  impugnava il decreto - reso in data 26 giugno
2006  -  col quale il Prefetto della provincia di Novara ne disponeva
l'espulsione  dal  territorio  nazionale, per violazione del disposto
dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 286/1998.
    Il  ricorrente,  al fine di sostenere la tesi dell'illegittimita'
del provvedimento prefettizio, deduceva varie argomentazioni in linea
di  fatto e diritto; sollevava inoltre, in via preliminare, questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d) del
decreto  legislativo  n. 286/1998,  nella parte in cui non estende il
divieto  di  espulsione,  previsto dalla norma stessa, allo straniero
clandestino  che  sia altresi' padre convivente di una donna in stato
di gravidanza, nonche' padre del nascituro.
    Precisava,  in linea di fatto, il ricorrente, di essere stato, in
epoca  antecedente  all'espulsione, stabilmente convivente in Italia,
con una giovane connazionale - tale Curca Moisur Ana-Maria - in stato
di  gravidanza  (al  terzo  mese)  al momento della presentazione del
ricorso. 1)
    Chiariva   il  ricorrente  di  essere  il  padre  del  nascituro,
deducendo mezzi di prova a sostegno di tale tesi.
    In    via    di    diritto,    riteneva   Sandu   che   la   tesi
dell'incostituzionalita'   dal   medesimo  dedotta  dipendesse  dalla
violazione  degli  artt. 2,  3,  10,  29,  30 e 31 della Costituzione
repubblicana.
    Sottolineava  il  ricorrente,  in  particolare, come, non solo il
rapporto  di coniugio, bensi' anche il rapporto di stabile convivenza
goda  ormai  di  rilevanza legislativa nel nostro ordinamento, sia in
ambito  civile  che  penale.  Proseguiva nella propria argomentazione
affermando  come la mancata previsione della non espellibilita' dello
straniero/padre-convivente  contrastasse  con  il  diritto all'unita'
della  famiglia  e  con  quello  alla  piena  tutela  del rapporto di
filiazione.
    Concludeva  affermando:  «...  sussiste un vero e proprio diritto
del ricorrente, che ha costituito un nucleo familiare ed e' in attesa
della  nascita  di  un  bimbo  dalla  sua  compagna,  a permanere sul
territorio  italiano  ai  fini  dell'esercizio  dei  suoi  diritti di
genitore del nascituro...».
                        Premesso quanto sopra
    Ritiene il giudice di pace adito che:
        a)  la  questione  sollevata  dal ricorrente sia rilevante ai
fini della risoluzione concreta del presente procedimento, posto che,
laddove  essa  venisse  ritenuta  fondata da codesta Corte il ricorso
dovrebbe essere accolto (laddove, su un piano di fatto, il ricorrente
fosse  in  grado  di  provare  -  come e' verosimile che avvenga - la
propria condizione di padre del nascituro);
        b)  la detta questione di legittimita' costituzionale non e',
a  giudizio  dello scrivente, manifestamente infondata per le ragioni
infra sinteticamente esposte.
    Si consideri, in effetti, quanto segue:
        1) non conferenti, nel caso di specie, appaiono a chi scrive,
i  richiami fatti agli artt. 29 e 32 della Costituzione, posto che il
primo  degli  articoli citati tutela la famiglia esclusivamente quale
societa'  naturale fondata sul matrimonio - escludendo, pertanto, che
di  famiglia in senso costituzionale possa parlarsi in presenza di un
mero  rapporto di convivenza - mentre il secondo - concepito a tutela
della salute - non pare avere alcuna diretta relazione con la vicenda
oggetto di attenzione;
        2) rilevante  potrebbe  essere  il richiamo all'art. 30 della
Costituzione,  da  un  duplice  punto  di  vista: a) afferma la Carta
suprema  come  ai  figli  nati  fuori  del  matrimonio  debba  essere
assicurata  ogni  tutela  giuridica  e  sociale.  Codesta  Corte, con
sentenza  376/2000 ha affermato come lo straniero clandestino che sia
marito  convivente  di  donna  in stato di gravidanza abbia diritto a
permanere  sul  territorio  della  Stato.  Laddove  tale  diritto non
venisse  esteso  allo  straniero  padre  e  convivente  cio' potrebbe
determinare una lesione del diritto del nascituro ad una piena tutela
sociale  (comprendente  in  primis,  a  giudizio  di  chi  scrive, la
possibilita'   di   crescere   accanto   ai  propri  genitori).  Tale
discriminazione   di   trattamento   non   risulta,   d'altra  parte,
giustificata  dalla  riserva  contenuta  al  terzo comma ultima parte
dell'art. 29:  «...  compatibilmente  con  i diritti dei membri della
famiglia  legittima»; b) «E' dovere e diritto dei genitori mantenere,
istruire  ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». Il
diritto/dovere  al mantenimento dei minori possiede, all'evidenza una
particolare  intensita',  nel  corso della primissima fase della vita
dei minori medesimi. Durante i primi mesi di vita, infatti, il minore
dipende integralmente - in modo «assoluto» dal genitore. Quest'ultimo
deve  essere  posto  in  grado  di  procurarsi mezzi mediante i quali
assicurare al minore il diritto al mantenimento. In termini concreti,
tale  possibilita' verrebbe frustrata laddove al genitore/clandestino
venisse  preclusa  la  permanenza  nel nostro Paese, nazione che, per
note ed evidenti ragioni economiche e sociali, consente - quanto meno
in  linea  astratta  - di sfruttare maggiori opportunita' di lavoro e
guadagno lecito rispetto ai Paesi dell'est europeo;
        3) la  mancata  tutela del clandestino/padre puo', a giudizio
del    giudicante,   determinare   la   lesione   dell'art. 2   della
Costituzione,  laddove  si  ammetta  che  tra  i  diritti inviolabili
dell'uomo  debbano  essere annoverati anche quello alla paternita' ed
all'unita'   della   famiglia.   Specularmene  deve  considerarsi  la
potenziale  lesione di diritti inviolabili del nascituro, generata da
un'eventuale   espulsione,   segnatamente   quello  -  potenzialmente
rilevante  ex  art. 2  Cost.,  a  giudizio  di  chi scrive - ad avere
accanto  a  se'  entrambi  i genitori, quantomeno nel corso del primi
mesi/anni di vita;
        4) potenzialmente  violato  risulta  altresi' essere l'art. 3
della  Costituzione,  poiche'  la  mancata  previsione del divieto di
espulsione  per  il  padre-convivente/clandestino  determinerebbe una
disparita'   di   trattamento   tra  il  figlio  minore  di  genitori
clandestini  sposati  e  quello di genitori clandestini semplicemente
conviventi,  significativa  ed ingiustificata. Il dato, in definitiva
formale  (anche  se certo assai rilevante) dell'esistenza del vincolo
coniugale,  non  puo'  ridondare a danno del minore, il cui interesse
preminente  deve,  a  giudizio  di  chi  scrive, essere rigorosamente
tutelato,  anche  in  relazione  a quanto disposto dall'art. 31 della
Costituzione.
          1)   Come   dimostrato   dalla  documentazione  medica  (in
          particolare,  referto ecografico) depositata in allegato al
          ricorso.